Il primo Living Lab Italiano, organizzato in collaborazione con l’Associazione Industriale Bresciana (AIB), si è svolto il 10 Novembre 2017. Il riassunto integrale dell’evento è ora disponibile.

Promuovere l’economia circolare e la simbiosi industriale – Opportunità di riutilizzo della scoria da acciaieria

Il primo Living Lab Italiano si è svolto a Brescia presso la sede AIB il 10 Novembre 2017 con l’obiettivo di presentare il progetto e di affrontare tematiche relative alla simbiosi industriale, con focus sui settori dell’acciaio, degli inerti da costruzione e del calcestruzzo. In particolare, il Primo LL italiano mirava a raccogliere feedback dai diversi stakeholder coinvolti in modo tale che le loro esperienze, difficoltà e necessità potessero essere utilizzate per ottimizzare e validare il modello FISSAC.

L’evento ha visto riuniti diversi esponenti della realtà industriale bresciana, principalmente afferenti ai settori dell’acciaio, del cemento e del calcestruzzo, insieme a costruttori, universitari e ad altri professionisti legati a queste realtà. Obiettivo comune e punto di partenza era la volontà di indagare opportunità di simbiosi industriale, con particolare riferimento al riutilizzo della scoria di acciaieria da EAF (la così detta scoria nera).

Ai partecipanti all’evento è stato presentato il progetto FISSAC e gli obiettivi che questo si prefigge, insieme ad una panoramica generale delle attività svolte finora nell’ambito del progetto. Per avviare il dibattito, sono stati illustrati i risultati della ricerca relativa alle barriere non tecnologiche, effettuata dai partner del progetto. Le barriere sono state presentate divise in quattro categorie (economiche, legislative, sociale e strutturali), ed insieme ad esse sono state proposte alcune possibili soluzioni per superarle. Tali barriere sono mostrate in Figura 1.

Figura 1 – Barriere non- tecnologiche

Agli stakeholder presenti è stato chiesto, a partire da questa lista preliminare usata come semplice spunto per la discussione, di fornire feedback basati sulla loro esperienza quotidiana, in modo da poter individuare quali sono i principali ostacoli incontrati nella realtà italiana, e di individuare insieme potenziali azioni di mitigazione.

Quello che è emerso è che i partecipanti all’evento da tempo guardano con interesse al tema dell’economia circolare, e studiano come poter instaurare processi di simbiosi industriale nelle loro realtà. Questa esigenza nasce non soltanto dalla volontà di rendere più sostenibili i propri processi, ma anche dalla consapevolezza che la ghiaia da cava è una risorsa naturale della quale è prevedibile per il futuro una disponibilità di escavazione sempre più contenuta in ragione di aspetti ambientali e di tutela del territorio, e che la capacità di ricezione delle discariche sarà sempre minore. Questo porta le aziende a cercare soluzioni alternative: le acciaierie cercano di ridurre il quantitativo di rifiuti da smaltire, e i cavatori e i produttori di materiali da costruzione cercano nuove alternative alla ghiaia, soprattutto per applicazioni meno nobili come i sottofondi stradali.

Da questo primo confronto, tuttavia, è subito risultato evidente che, nonostante la volontà di passare ad un’economia circolare, le industrie del bresciano si trovano spesso a scontrarsi con difficoltà di tipo burocratico-legislativo, che rendono il riutilizzo della scoria d’acciaieria un’opzione complessa e poco percorribile. Questo, a detta dei partecipanti, è il principale motivo per cui una larga parte della scoria prodotta finisce in discarica.

Sulla base delle norme vigenti, in generale attualmente le acciaierie gestiscono la scoria come rifiuto o sottoprodotto, e in base a questa decisione, il quadro normativo di riferimento cambia completamente; quella dell’End of Waste è una strada al momento non ancora percorribile, dal momento che non esistono ancora direttive che riguardano la scoria da acciaieria. Tuttavia, a detta dei partecipanti, il quadro normativo non appare chiaro, quanto piuttosto soggetto a diverse interpretazioni e ad applicazioni che variano da regione a regione: addirittura diverse date di smaltimento/recupero possono portare a diversi scenari normativi e diverse interpretazioni.

Emerge quindi la necessità di uniformare nella maggior misura possibile l’interpretazione del quadro normativo e delle relative norme tecniche ad esso collegate.

In tale senso AIB in collaborazione con Federacciai stanno portando avanti, attraverso Unsider, la proposta di una prassi di riferimento per la scoria di acciaieria finalizzata a definire meglio le modalità di preparazione di campioni da sottoporre al test di cessione secondo la norma UNI EN 12457.

Altre proposte, finalizzate ad una definizione più specifica dei test cui sottoporre la scoria come sottoprodotto per verificarne la compatibilità ambientale e basate su criteri e metodi utilizzati a livello di registrazione europea di prodotto, (REACH) sono state già occasione di confronto con gli enti competenti.

In aggiunta, ad Ecomondo 2017 (Fiera Internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile) sono state recentemente presentate le nuove norme tecniche (sull’utilizzo nei calcestruzzi e nei materiali legati), per cercare di facilitare le aziende nell’ intraprendere questo percorso.

Le difficoltà riscontrate dalle aziende, comunque, non riguardano soltanto leggi e normative: un altro ostacolo che le aziende si trovano spesso a dover affrontare è quello di dover vincere la diffidenza dei committenti, che spesso considerano ancora il riutilizzo della scoria come un’applicazione sperimentale (e.g. all’interno del calcestruzzo o dell’asfalto). Sulla base delle esperienze nel territorio bresciano si evidenzia che le committenze pubbliche dimostrano di non apprezzare questo materiale, dal momento che negli appalti pubblici è quasi impossibile trovarlo: addirittura può succedere che nei capitolati venga specificato che la scoria non può essere utilizzata o al limite inclusa solo in piccole percentuali (10-20%). Questo ovviamente limita notevolmente le possibili applicazioni di questo prodotto, che potrebbe invece essere incentivato in nuovi capitolati che valorizzino e promuovano l’utilizzo di materiali riciclati, come la scoria, in manufatti legati e non. D’altra parte, questa strada è attualmente già percorsa in altre regioni, dove viene accettato da grandi committenze, specialmente per effetto di una effettiva carenza di materiali naturali.

La diffidenza dei committenti potrebbe essere, almeno in parte, anche alimentata dalle resistenze dell’opinione pubblica e di alcune associazioni ambientaliste. Per superare questa difficoltà potrebbe essere utile realizzare studi volti a quantificare in maniera obiettiva gli impatti/benefici di queste soluzioni, promuoverne l’utilizzo tramite campagne informative e coinvolgere i cittadini nel processo decisionale legato alla loro implementazione. L’Università di Brescia, al riguardo, si sta già muovendo in questa direzione, con l’obiettivo di aumentare il volume e la solidità degli studi a supporto delle pratiche di riutilizzo della scoria da acciaieria.

Se si riuscissero a superare queste barriere, spesso riscontate dalle industrie partecipanti, l’intera produzione annuale di scoria nera del territorio bresciano potrebbe trovare mercato, ad esempio, nei calcestruzzi, nei misti cementati ed negli asfalti. Non si evidenzia, infatti, alcun problema di volumi, bensì la mancanza di uno spazio di mercato riconosciuto, derivante da una consolidata disponibilità ad accettare questo materiale. La piattaforma di interscambio che verrà sviluppata all’interno del progetto FISSAC potrebbe almeno in parte rispondere a questa esigenza, soprattutto se si riuscisse a trovare una strada per il riconoscimento o la certificazione degli scambi che avvengono tramite di essa.

Le barriere tecnologiche non vengono ritenute invece altrettanto rilevanti dagli stakeholder industriali, da momento che l’utilizzo della scoria nera da acciaieria all’interno del calcestruzzo o dell’asfalto è ormai piuttosto collaudato dal punto di vista tecnologico, posto che un adeguato livello di specializzazione è sempre necessario per utilizzare questa tipologia di materiale. L’unico aspetto che potrebbe creare delle difficoltà è che i prodotti realizzati con la scoria pesano di più (fino al 30% in più rispetto al materiale naturale) e presentano dunque una resa volumetrica inferiore rispetto all’impiego di inerte naturale. Questo ha una maggiore incidenza sul trasporto e va tenuto in considerazione anche dal punto di vista strutturale; questi materiali risultano infatti più idonei per applicazioni orizzontali non sospese, nelle quali si possono usare fino al 90% e risultano anche più resistenti ad usura e urto, mentre risultano meno adatti per applicazioni che si sviluppano in verticale e in altezza in ragione del più elevato peso specifico dei manufatti.

In generale, tuttavia, rimane aperta la sfida sulla competitività dal punto di vista economico; la realizzazione di un prodotto di qualità attualmente porta ad un costo finale circa equivalente ai prodotti realizzati con materie prime tradizionali. Questo è uno dei motivi per cui le imprese private difficilmente scelgono di acquistare per provare i prodotti realizzati con la scoria. Anche dal punto di vista dei produttori di scoria che direttamente provvedono a certificarla come materiale da costruzione, il costo del trasporto rappresenta senz’altro un fattore critico per la vendita.

Gli argomenti affrontati durante l’incontro sono schematizzati in Figura 2.

Figura 2 – Argomenti affrontati durante il primo Living Lab Italiano

In conclusione, l’esigenza principale individuata dai partecipanti al Living Lab è quella di apportare maggiore chiarezza nel quadro normativo ed uniformità nella sua interpretazione, in modo tale che il processo di simbiosi industriale non venga inibito, a causa di difficoltà di natura burocratica-legislativa. Allo stesso tempo, però, gli stakeholder hanno descritto anche altre problematiche incontrate piuttosto di frequente in questo contesto: la diffidenza dell’opinione pubblica e dei committenti, la criticità dell’aspetto economico e la mancanza di uno spazio di mercato riconosciuto. L’aspetto tecnologico, pur presentando alcune difficoltà, è quello considerato meno critico dai partecipanti in riferimento al riutilizzo della scoria nera d’acciaieria, dal momento esiste un buon numero di pratiche ormai collaudate per simbiosi con la produzione di calcestruzzi, misti cementati ed asfalti.

Per il futuro, i partecipanti hanno dimostrato interesse sia ad ampliare il confronto ad altre regioni, per valutare se e come queste difficoltà siano state affrontate in altri contesti, sia ad investigare ulteriormente il progetto FISSAC ed in particolare la piattaforma che verrà realizzata, per valutare se questo strumento potrebbe rispondere alle loro esigenze.