Che cos’è un Living Lab?
Un Living Lab (LL), a differenza di un laboratorio tradizionale, opera in un contesto reale, mettendo al centro gli stakeholder. I confini fisici e/o organizzativi di un Living Lab sono definiti per scopo, ambito e contesto. In particolare, il suo scopo, gli obiettivi, la durata, il coinvolgimento degli attori, il grado di partecipazione ed i suoi confini sono definiti dagli stessi partecipanti. Un Living Lab può avvenire in strada, in una casa, all’interno di un’organizzazione, o può coinvolgere un’intera città o industria, a seconda del progetto.
Il concetto di Living Lab è stato introdotto per la prima volta dal Prof. William Mitchell al MIT Media Lab come:
“metodologia di ricerca per individuare, prototipizzare, verificare e affinare soluzioni complesse in contesti di vita reale, multipli e in fase di evoluzione.”
Nonostante le definizioni contemporanee di Living Lab siano più ampie, i seguenti elementi tendono ad essere caratteristiche fondamentali del laboratorio:
- Approccio sperimentale in un contesto di vita reale;
- Partecipazione e coinvolgimento degli stakeholder;
- Collaborazione e co-produzione di conoscenza.
Dal punto di vista metodologico, i Living Lab di oggi sono reti composte da attori, risorse e attività eterogenee che integrano la ricerca incentrata sugli stakeholder e l’open innovation (Leminen et al., 2012). Dal punto di vista dell’infrastruttura, possono essere considerati come strutture che consentono la sperimentazione e la co-creazione con gli stakeholder in ambienti di vita reale (Sundramoorthy et al., 2011).
Leminen (2015) cita quattro tipi di Living Lab: Utilizer-driven (guidati da aziende per lo svolgimento di attività di sviluppo e sperimentazione di prodotti e servizi), Enabler-driven (guidati da un soggetto pubblico, organizzazioni non governative, città, comuni), Provider-driven (guidati da varie organizzazioni quali scuole e università) e User-driven (guidati dalla comunità di utenti).
Nell’ambito di un progetto finanziato a livello pubblico, i Living Lab di FISSAC si adattano al modello Enabler-driven, caratterizzato da:
- Sviluppo di una strategia operativa;
- Costruzione di una rete specifica per la nazione/progetto;
- Raccolta e utilizzo di informazioni e co-creazione di conoscenze all’interno della rete;
- Cambio di strategia guidato in una direzione preferenziale.
Anche se ogni living lab è unico, esistono alcuni metodi e processi, utilizzabili dalla costruzione fino alle fasi operative del living lab, che garantiscono una maggiore comprensione di problemi complessi, la prototipazione, la verifica e l’affinazione delle soluzioni.
Perché organizzare dei Living Lab?
Quando si devono affrontare sfide complesse in un contesto di vita reale in fase di evoluzione, diventa molto difficile per un singolo attore trovare la giusta soluzione. Collaborando e co-creando le soluzioni con gli utenti finali e con gli attori coinvolti, la complessità e l’incertezza si riduce e aumenta la possibilità di trovare una soluzione sostenibile. La ricerca mostra che i living lab con strutture di reti basate su una vasta conoscenza e sullo scambio di informazioni e con la collaborazione tra diversi attori conducono a innovazioni radicali, mentre i laboratori con strutture di rete centralizzate tendono a ottenere maggiori innovazioni incrementali (Leminen, 2013).
Living Lab in FISSAC
All’interno del progetto FISSAC, saranno istituiti nove living lab nazionali con specifici scopi e obiettivi. I leader dei living lab coinvolgeranno diversi attori della catena del valore dell’industria edilizia per individuare le sfide all’instaurazione della simbiosi industriale nelle loro nazioni. Attraverso incontri dedicati, la loro conoscenza e le loro esperienze saranno utilizzate per capire come queste sfide possano essere affrontate.
I diversi living lab sono coordinati dal Research Institute of Sweden AB (RISE) che fornisce ai leader nazionali consigli su come stabilire i propri living lab e su come gestire i processi, i metodi e gli strumenti di co-creazione.
Esplora i Living Labs di FISSAC
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